Payson Keeler e Kerri Strug: quando la finzione prende spunto dalla realtà

16/11/2022

Era il 2009 quando negli Stati Uniti e, successivamente, in Italia veniva trasmessa la serie TV Make it or Break it - Giovani Campionesse. La serie racconta le avventure di quattro ginnaste alle prese con la vita da atlete di alto livello, il cui unico obiettivo è di vincere le Olimpiadi.



Tra infortuni, primi amori e vicissitudini di ogni tipo (che vi invito a scoprire guardandola), mi piacerebbe portare la vostra attenzione su una puntata, o meglio su una scena, in particolare. Nella puntata finale della seconda stagione Payson Keeler, una delle protagoniste, esegue il primo salto nella finale al volteggio dei Mondiali di Rio de Janeiro, ma atterra male e rimedia un infortunio alla caviglia. La ginnasta sa che quella è la sua unica possibilità di puntare a una medaglia quindi decide di eseguire comunque il secondo salto e di atterrare su un piede. 

Sorprendente vero? Una cosa che può succedere solo in TV, non può essere reale. E se vi dicessi che questa volta la finzione ha preso ispirazione dalla realtà?


Ad Atlanta 1996 Kerri Strug lo fece davvero


La ginnasta americana a sei anni sognava già di vincere cinque ori olimpici. Non importavano le difficoltà o il dolore che avrebbero accompagnato questa scelta, lei voleva raggiungere quel traguardo a tutti i costi. 

Gli stati uniti di allora non erano quelli di adesso, non era comune vedere le ginnaste sul gradino più alto del podio con la stessa frequenza di adesso. Quella spedizione puntava a vincere un oro, uno solo, che valesse per tutte. Un simbolo che dicesse ai sovietici, al tempo imbattibili, “ci siamo anche noi”. 


La prima medaglia d’oro olimpica di squadra per gli USA è arrivata proprio in quella situazione, e tanto del merito ricade sulle spalle di Kerri Strug. Tutto ciò rende questa medaglia speciale per diversi motivi. Perché è stata l’unica della spedizione a stelle e strisce, perché è arrivata grazie a lei che non era la stella della squadra, e perché non è arrivata come una medaglia qualunque, ma con più dolore e sacrificio di molte altre. 


Giunti all’ultima rotazione, il volteggio, gli Stati Uniti avevano la vittoria in mano, bastava portare a termine i propri esercizi, ma una doppia caduta di Dominque Moceanu complica tutto. Il peso della squadra ricade allora sulle spalle di Kerri. Parte, salta, esegue il primo salto, ma apre troppo presto e cade. Il suo punteggio non basta. La Russia è pronta a esultare perchè all’atterraggio la Strug si infortuna alla caviglia e non c’è una singola persona in quell’arena (oltre al suo allenatore Bela) che pensa lei possa affrontare un altro salto. 

Abbiamo bisogno del secondo salto?” chiede, e sì, la nazionale statunitense ne ha disperatamente bisogno per vincere, tutto o niente. Allora Kerri stringe i denti e va, esegue uno Yurchenko con un avvitamento e mezzo e atterra su un piede solo. 

É oro per gli Stati Uniti. 




Kerri Strug sale sul podio in braccio al suo allenatore perché l’infortunio è talmente grave da non permetterle di camminare e il secondo salto non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Quel giorno finisce anche la sua carriera da ginnasta Elite, ma il ricordo di quell’impresa continuerà ad ardere, come la fiamma olimpica che ogni quattro anni accompagna gli atleti a realizzare i loro sogni e a scrivere il proprio nome nella storia. Kerri Strug non era la stella della squadra, non era la più talentuosa, non era la più affabile, ma quel giorno è stata la più tosta. Abbastanza da ispirare un episodio di una serie tv 15 anni dopo quel giorno, abbastanza da far ancora parlare di sé più di 25 anni dopo quel giorno.




Entrambe le scene sono visibili qui:

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